«Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà. Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi.
E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito. E
infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere,
ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle
anatre. Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è
un uomo.»
Leonardo Sciascia – Il giorno
della civetta (Torino, Einaudi 1961)
Questo celebre brano è tratto dal
romanzo di Sciascia “Il giorno della civetta” e descrive il rispetto che il
capo-mafia locale – don Mariano – dimostra al proprio persecutore, il capitano
dei Carabinieri Bellodi.
Lee J. Cobb ne "Il giorno della civetta" (immagine tratta da Internet) |
Il brano rende ancora di più nell’interpretazione
dell’attore statunitense Lee J. Cobb, nell’omonimo film del regista Damiano
Damiani del 1968.
A distanza di sessant’anni, la
divisione dell’umanità descritta da Sciascia per bocca di don Mariano è ancora
valida, anzi si è acuita.
Persone capaci, autorevoli e
specchiate ce ne sono ben poche. Dovrebbero essere il riferimento per tutti, l’esempio
da seguire. Persone di peso non certo per il cospicuo conto in banca, bensì per
la levatura morale che rappresentano, per la finezza intellettuale o per la
capacità di risolvere le criticità e che meriterebbero di amministrare generalmente
la vita della comunità, rispettati da tutti. Uomini, appunto.
Come don Mariano, ci potremmo
accontentare se il resto della comunità fosse composta da mezz’uomini, persone
che non hanno raggiunto l’apice, ma che si dedicano di continuo al proprio
miglioramento – e ribadisco il concetto: non esclusivamente dal punto di vista
economico – perché attraverso la loro evoluzione contribuiscono alla crescita
dell’intera comunità. Prossimi a diventare uomini.
Ahimè folta è la schiera degli “ominicchi”.
Sono dappertutto, nei posti chiave e di comando. Dotati di un alto senso di autoreferenzialità,
sono convinti di possedere le risposte a tutto e non hanno dubbi in merito.
Presumono di poter dispensare soluzioni e indirizzi per governare la comunità,
ma in realtà sono come gli ologrammi, privi di sostanza.
Più difficile descrivere i “pigliainculo”.
La mia interpretazione è che si tratta di persone che non hanno la possibilità
o la capacità o – aggiungerei nell’attuale contingenza – la volontà di elevarsi.
Accettano la vita così com’è, con rassegnazione, convinti che non possano fare
nulla per poterla trasformare, seguaci del motto: “tanto non cambia nulla!”. Si
accontentano di “quel che passa il convento”, adeguandosi amorfi all’andamento
generale, seguendo il gregge, percorrendo la via più facile per raggiungere il
quieto vivere, gratificandosi con i piccoli piaceri che il sistema gli concede,
così da mantenerli nello stato di “piglianculo”, facilmente controllabili.
I coloriti “quaquaraquà” starnazzano,
si agitano, litigano tra loro per questioni futili, si adirano per un nonnulla,
hanno soluzioni per tutto, frutto della loro esperienza diretta ma ancor di più
di quella indiretta, o forse solo del “sentito dire”; di certo non approfondiscono
le questioni, non ne hanno bisogno, sanno già tutto, ma in realtà ignorano
tutto. Sono i più rumorosi, convinti che il rumore sia direttamente proporzionale
alla loro caratura, ma restano sempre a bagno nelle loro stesse pozzanghere.
Ora il gentile lettore si
chiederà in quale categoria si voglia collocare l’autore di questo post.
Le categorie in cui Sciascia ha
diviso l’umanità, pur essendo assai schiette e ben delimitate, sono un monito
per l’umanità stessa, un invito ad emanciparsi per diventare tutti uomini.
Don Mariano, il capo-mafia,
dimostra rispetto solo per il capitano Bellodi, perché il Carabiniere, infischiandosi
del potere che egli rappresenta, delle convenzioni ataviche dell’ambiente in
cui domina e applicando senza compromessi la Legge dello Stato che è al di sopra di
tutti, lo vuole arrestare, ponendo fine al suo agire vessatorio nei confronti
dell’intera comunità.
Non credo che la questione sia
dove collocarsi in queste categorie, ma presumo sia importante cercare, per
ognuno di noi, di arrivare ad essere uomini, capaci, autorevoli e specchiati.
Partendo perfino dalla condizione di “quaquaraquà”.
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