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letteraria.

martedì 21 dicembre 2010

Natale Solare

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Astronomicamente parlando, oggi 21 dicembre, inizia un nuovo anno.

Infatti il sole raggiunge il punto di declinazione minima, nel suo moto apparente lungo l’eclittica, ovvero l’intersezione dell’orbita terrestre con la sfera celeste, l’ipotetica figura tridimensionale sulla quale sono proiettati tutti gli astri.


 


Praticamente è il giorno dell’anno col minimo di ore di luce. È il solstizio d’inverno.

Da domani le ore di luce inizieranno di nuovo ad aumentare, fino a pareggiarsi all’equinozio di marzo per poi avere il massimo al solstizio d’estate, il 21 giugno, per nuovamente diminuire, fino all’equinozio di settembre e tornare al minimo al successivo solstizio invernale.

Così l’eterno e ciclico perpetrarsi, rinnovandosi di volta in volta, in una infinita conferma.

Fin dall’antichità, i popoli hanno rivestito di valenza trascendentale questo fenomeno cosmico.

In particolare il solstizio d’inverno ha sempre rappresentato un punto di rinnovamento, di rinascita, di vittoria della vita (la luce, il Sole, gli aspetti spirituali ed eroici), rispetto alla morte (il buio, le tenebre, gli aspetti tellurici e demoniaci), nell’eterno conflitto tra il Bene e il Male.


Il Sole è stato spesso per i popoli dell’antichità una tra le divinità più importanti.


Ra, il Dio Sole di Eliopoli, nell’antico Egitto o Elio, la divinità della mitologia greca, sono gli esempi più noti. Il Sole quale fonte di luce, ma anche sorgente di vita. Grazie al Sole le piante fruttavano e maturavano, sfamando gli uomini. Esponendole al Sole, guarivano le ferite subite in battaglia. Al Sole si attribuivano perfino capacità atte a migliorare la fertilità umana.


Non si pensi, però, che questi culti arcani siano frutto della presunta ignoranza di questi popoli. Sfido qualsiasi ardito ingegnere o costruttore capace, a ideare e realizzare opere come le piramidi, utilizzando però i mezzi d’opera dell’epoca, al posto delle efficienti macchine moderne. Già solo questa è una risposta valida a chi considera “primitivi” quei popoli.


Di conseguenza, anche i loro riti, le loro religioni, non sono semplici superstizioni. E in derivazione da ciò, la venerazione dei corpi celesti non può considerarsi un mero stupore per eventi naturali, bensì un riconoscimento di forze sacre e spirituali.


Questi culti abbracciarono l’intero bacino del Mediterraneo, arrivando a lambire i popoli nordici.

Ne è esempio il carro solare di Trundholm.



Si tratta di un manufatto bronzeo, appartenente alla mitologia norrena, risalente al XV-XVI secolo a.C., rinvenuto nel 1902 in Danimarca.

Anche in Italia esistono testimonianze di questo culto. In Lombardia, in Valle Camonica per l’esattezza (provincia di Brescia), le iscrizioni rupestri Camune, riportano 92 volte, su un totale di 350.000 segni, un simbolo detto “Rosa camuna”, che in realtà non rappresenta un fiore, bensì una sorta di spirale cosmica, ovvero un simbolo solare.
 

Il simbolo solare detto “Rosa camuna” [Fonte: Wikipedia]


In tutta Europa ruote raggiate, cerchi pieni, vuoti o crociati, spirali o swastike testimoniano il comune culto del Sole.

Pure i Romani, i dominatori del mondo allora conosciuto, ebbero un culto legato al Sole, che si inserisce perfettamente nel contesto fin qui citato.

Si tratta della festività del Dies Natalis Solis Invicti.

Nel 274 a.C. l’imperatore Aureliano introdusse a Roma il culto del Deus Sol Invictus. Fece costruire il Tempio del Sole (situato nel Campus Agrippae, in corrispondenza dell'attuale piazza San Silvestro) destinato al culto di questa divinità ed eleva il 25 dicembre, all’epoca data presunta del solstizio d’inverno, a giorno di festa in suo onore.

L'imperatore stesso si dichiarò suo supremo sacerdote, pontifex, anche nel senso di costruttore di ponti [1], di tramite tra la divinità e i suoi adoratori, asserendo che il potere gli fosse stato concesso direttamente dal Dio Sole.

Da notare qui due aspetti.

Il primo riguarda l’introduzione della concessione da parte divina del potere temporale, formula che sarà conservata per i successivi due millenni, dai sovrani che governeranno le nazioni “per grazia di Dio”.

Il secondo aspetto, che ci interessa più da vicino, riguarda la coincidenza di questa festa con la massima festività della Cristianità: il Natale.

Il termine “Natale” significa nascita. La festività del Dies Natalis Solis Invicti celebrava la ri-nascita del Sole dopo il solstizio d’inverno, quando appunto le ore di luce riprendevano ad aumentare, favorendo il rifiorimento della vita nella vegetazione, svegliando le specie animali dal letargo, rendendo appunto “solare” l’intero ciclo vitale del creato.

In quel tempo, Aureliano aveva appena attuato la riunificazione dell'Impero romano, vincendo un nemico di Roma: la regina Zenobia del Regno di Palmira. Il successo militare romano fu possibile grazie anche all’alleanza con la città-Stato siriana di Emesa. L’imperatore, prima della battaglia decisiva, affermò di aver avuto la ben augurante visione del dio Sole, venerato proprio ad Emesa.

Anche in questo caso rileviamo una affinità, nello specifico con la visione che Costantino ebbe il giorno prima della battaglia di Ponte Milvio, che lo vide opposto a Massenzio, nel 312 d.C.

Al Tetrarca sarebbe apparso un evento celeste prodigioso: un incrocio di luci con la scritta “in hoc signo vinces”.

Secondo il racconto del vescovo Eusebio di Cesarea, stretto collaboratore di Costantino, nella notte successiva, lo stesso Cristo sarebbe apparso al condottiero romano, ordinando di adottare come proprio vessillo, il segno che aveva visto in cielo.

Costantino appose sui labari delle proprie legioni il simbolo cristiano del “Chi-ro”, detto anche il monogramma di Cristo e con quei simboli sconfisse il suo rivale.


Il “Chi-ro”, il monogramma di Cristo [Fonte: Wikipedia]

Taluni storici, però, affermano che il “Chi-ro”, composto dalle lettere greche X e P (le prime due della parola ΧΡΙΣΤΟΣ, ossia Christos, letteralmente “unto”) sovrapposte, altro non erano che una croce ed una X inscritte in un cerchio, ovvero il simbolo del dio orientale del sole Mithra, il cui culto era molto diffuso tra i legionari romani, identificato sostanzialmente con il Deus Sol Invictus.




Molto probabilmente, entrambi gli imperatori romani vedevano, nel favorire quelle pratiche religiose, una opportunità di coesione culturale e politica dell'Impero, considerato il diffuso culto del Sole, sia pure in varie sfaccettature, esistente in parecchie province e tra i diversi popoli assoggettati al governo di Roma: in Egitto e in Anatolia, tra le popolazioni celtiche e quelle arabiche, tra i Greci e gli stessi Romani.

Peraltro Aureliano stabilì che il primo giorno della settimana, fosse intitolato al dio Sole, Dies Solis, ovvero "giorno del sole". Nel 383 d.C., l’imperatore Teodosio, dopo aver reso religione di stato il Cristianesimo, sancì che quel giorno della settimana mutasse nome in Dies Dominicus, ossia “giorno del Signore”, l’odierna Domenica che nella dottrina cristiana è il giorno consacrato a Dio, ciononostante nel nord Europa, restò la denominazione originaria di Aureliano, da cui derivarono il tedesco Sontag e l’inglese Sunday.

Ma le similitudini, le coincidenze, le contiguità, tra il mondo pagano e la Cristianità le troviamo anche in due espressioni tradizionali e popolari tipiche del Natale: l’albero e il presepe.

L’albero, prevalentemente un sempreverde, conifera o aghifoglia, rappresentava tra le popolazioni antiche, specie nordiche, il simbolo della vita, che resiste al buio inverno e che il giorno del solstizio si illumina di una luce nuova, come nelle abitazioni l’albero si illuminava di candeline ed oggi di multiluci colorate.

Il presepe trae origine dal sigillum, che era una statuetta di terracotta o di cera raffigurante un defunto della famiglia. Questi antenati defunti, ovvero i Lari (lares familiares), secondo la tradizione romana, ma anche latina in genere ed etrusca, vegliavano sulla medesima, proteggendola dalle avversità.

Queste statuine venivano collocate, di solito, in una nicchia della casa e in occasioni particolari, venivano onorate mediante l’accensione di piccole fiammelle.

Attorno al 20 dicembre, durante una festa detta appunto Sigillaria, i parenti si scambiavano in dono i sigilla dei familiari morti durante l’anno. La famiglia si riuniva quindi per invocare la protezione degli antenati, davanti alla nicchia dov’erano collocate le statuine dei Lari, lasciando loro ciotole con cibo e vino. Al mattino seguente, al posto delle ciotole, i bambini della famiglia trovavano dolci e giochi e veniva detto loro che i doni li avevano portati i nonni e bisnonni defunti.

Tutto questo anche a significare una continuità ideale tra le tradizioni pagane pre-cristiane e la successiva evangelizzazione dei popoli europei, ovvero le popolazioni che abitavano il mondo allora conosciuto, a dimostrazione dell’universalità di Cristo, in contrapposizione a recenti e riduttive indicazioni, quali ad esempio quelle che emergono dal libro di Corrado Augias e Mauro Pesce “Inchiesta su Gesù”, che tendono essenzialmente a dipingere il Cristo solo come un profeta ebreo, il cui magistero e le azioni taumaturgiche manifestate, erano unicamente rivolte al “popolo eletto” e non invece all’umanità intera.

[1] Renè Guénon, nel suo libro “Il re del mondo” (Adelphi – Milano – 1989) indica con precisione le connessioni religiose del termine pontifex: «Il carattere “pontificale”, nel senso più vero che ha questa parola, appartiene realmente, e per eccellenza, al capo della gerarchia iniziatica, e ciò richiede una spiegazione: letteralmente, il Pontifex è un “costruttore di ponti”, e questi titolo romano è in qualche modo, per la sua origine, un titolo “massonico”; ma simbolicamente, il Pontifex è colui che adempie la funzione di mediatore, in quanto stabilisce la comunicazione tra questo mondo e i mondi superiori.»



















































































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