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Come un naufrago, inserirò in una bottiglia, ovvero questo Blog, i miei messaggi
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scorgere tra i flutti, così da leggerne il contenuto e scoprire la mia passione
letteraria.

mercoledì 23 febbraio 2011

" La difesa di Giarabub" di Salvatore Castagna

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Molto spesso, volendo indicare gesta di valore, di sacrificio e di abnegazione compiuti dal nostro esercito, durante la Seconda Guerra Mondiale, si citano El-Alamein o Cefalonia.



In verità furono parecchi gli eventi nel corso di quel terribile quanto per noi sfortunato conflitto, solo che avendolo combattuto, almeno nei primi tre anni, dalla “parte sbagliata”, secondo l’opinione largamente diffusa e praticata fin dalla conclusione di quella immane tragedia, questi episodi sono stati relegati al solo ricordo dei reduci, rievocati sottotono o semplicemente ignorati.




Eppure, nonostante l’assoluta impreparazione del nostro esercito, sia come addestramento, sia come equipaggiamento, sia come armamento, malgrado la scarsa convinzione e capacità degli alti comandi militari e per quanto sciagurata possa essere stata l’idea di Mussolini di poter “gettare un migliaio di morti sul tavolo delle trattative di pace, per sedersi al tavolo dei vincitori”, sono accaduti parecchi fatti d’arme che hanno visto i nostri soldati vittoriosi o sconfitti, questo non importa, ma comunque protagonisti. Il loro sacrificio meriterebbe maggiore attenzione, oggi che quegli eventi sono ben lontani nel tempo e la nostra democrazia è ben matura, poiché i caduti, anche se “dalla parte sbagliata”, pur indossando una divisa piuttosto che un’altra, restano comunque figli di questo nostro popolo.


Tra gli episodi di quella sfortunata guerra, c’è la difesa dell’oasi di Giarabub.


Giarabub era un minuscolo agglomerato di edifici sorto attorno all’omonima oasi, nel deserto cirenaico, in Libia, a cinquanta chilometri di distanza dal confine egiziano e a trecento chilometri dalla costa del Mediterraneo.


Fu il principale polo politico-religioso dei Senussi, una sorta di confraternita islamica fondata a La Mecca nel 1837, che qui costituì un centro di studi coranici.


I Senussi guidarono, tra il 1923 e il 1931, una rivolta contro il dominio coloniale italiano in Libia. Rivolta aspramente repressa che cessò con la cattura, il processo e la condanna a morte del capo dei rivoltosi, Omar Al-Mukhtar, più noto come il “Leone del Deserto”, appartenente appunto alla confraternita senussita.


Per contrastare la rivolta, gli Italiani stesero lungo il confine egiziano una barriera di filo spinato, in quanto venne accertato che i guerriglieri senussiti operavano da basi logistiche nell’entroterra desertico egiziano, per colpire gli avamposti italiani. Questa barriera si estendeva dal porto di Bardia fino all’oasi di Giarabub, per 270 chilometri; la sua costruzione e pattugliamento divennero fondamentali per sedare la rivolta anticoloniale.


L’oasi di Giarabub divenne quindi a quel tempo un centro nevralgico del dispositivo difensivo a confine con l’Egitto e tale rimase fino alla vigilia degli eventi bellici del 1940.


Il maggiore Salvatore Castagna, autore del libro proposto, nacque a Caltagirone (CT) il 14 gennaio 1897. Volontario nella Prima Guerra Mondiale, fu insignito della medaglia d’argento al valor militare e venne ferito gravemente alla testa, pochi giorni prima della fine di quel conflitto.


Soldato di carriera, rimase sempre in Libia, partecipando alle operazioni militari tese al mantenimento del dominio italiano.


Nell’aprile del 1940 il maggiore Castagna, venne trasferito da Bardia al comando della guarnigione di Giarabub, composta in quel momento da 887 effettivi, di cui 21 ufficiali, 17 sottufficiali, 85 soldati nazionali e 764 soldati libici.


Il 21 marzo 1941 il tenente colonnello Castagna (era stato promosso sul campo per meriti di guerra) venne ferito durante l’ennesimo furioso assalto degli assedianti. Poche ore dopo la guarnigione, ormai allo strenuo delle forze, si dovette arrendere alle preponderanti truppe australiane e neozelandesi.


Il colonnello Castagna venne imprigionato e rientrò in Italia solo il 23 novembre 1946.


L’ufficiale continuò la carriera militare, raggiungendo il grado di Generale di divisione.


Salvatore Castagna morì a Roma il 3 febbraio 1977.



Salvatore Castagna (1897-1977) (Fonte: Wikipedia)

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“L’oasi di Giarabub è formata con palme, orti, pozzi d’acqua, in una larga fenditura del deserto, più bassa dell’immenso tavolato giallo di polvere nel cui fondo si nasconde, addirittura più bassa del livello del mare. Sembra che prima di apparire nella storia, Giarabub apparisse in sogno al senusso. Questi nel mezzo di una notte ebbe la visione di quelle palme, di quell’acqua che nasce dalla sabbia di quel remoto isolamento dove la confraternita da lui fondata avrebbe potuto trasferirsi per vivere tranquilla e prosperare. Chiamò al mattino due discepoli, indicò loro la direzione dei venti che provenivano dal mare e disse: «Camminate senza stancarvi, camminate sempre. Troverete il luogo che ho visto in sogno per ispirazione del Profeta. Fermatevi lì. Io vi raggiungerò».


Raggiunse i discepoli con una carovana di mille cammelli, dopo aver viaggiato giorni e giorni. Era il 1856. Il fondatore della nuova setta religiosa si chiamava Mohammed ibn Ali es-Senusi, aveva settant’anni. Pochi tra i suoi discepoli ne avevano mai visto la faccia più giù degli occhi, avvolta da un velo tutte le volte che egli usciva in mezzo agli uomini; pochi ne conoscevano il luogo di nascita, che per alcuni era Mazuna, dipartimento di Orano in Algeria, per altri il Duar Torsc, per altri ancora una vaga località sulla riva del Mina non molti chilometri distante da Mostaganem. Sembra che egli discendesse da illustre famiglia mussulmana, che visitasse la Mecca a trentacinque anni e che entrasse nelle grazie dello sceicco marocchino Ben Idris; fu poi preso dalla mistica tariqa mohammedia (via di Maometto), riparò a Bengasi per sfuggire alle persecuzioni del governo turco, da Bengasi a Zaviet el-Ezziat e da qui, dopo il sogno di quella notte, a Giarabub.


Nell’oasi, a quel tempo, c’erano solamente bianche mosche petulanti, nugoli di zanzare, sciacalli, pettirossi, camaleonti, vipere bicornute, rane che gracchiavano negli stagni e scorpioni. Giarabub era soltanto un posto d’acqua, dove sostavano rare carovane, pellegrini diretti alla Mecca, un nodo di piste, provenienti da Gialo, da Cufra, da Siwa, da Tobruk. Deserta in mezzo al deserto, nessuno la abitava.


La torma dei nuovi arrivati si prostrò sulla sabbia, incrociò le braccia al petto, strinse il polso della mano sinistra tra l’indice e il pollice della destra, e pregò. Disse con fervore cento volte questa frase: «Che Dio perdoni», trecento volte quest’altra: «Non v’è altro Dio che Allah, Maometto è l’inviato di Allah ad ogni occhiata e ad ogni respiro, per un numero di volte che soltanto la scienza di Dio abbraccia», cento volte l’ultima: «O Dio benedici il nostro signore Maometto, il Profeta illetterato, la sua famiglia e i suoi amici, e accorda ad essi la salute». Alcuni tracciarono sulla sabbia la pianta della zauia (sede di confraternita), vasto edificio diviso in tre parti: la scuola dove sarebbero stati ammaestrati i giovani; la dimora dei confratelli; la foresteria per gli ospiti che sarebbero venuti in visita. Al loro nutrimento avrebbe provveduto la setta: il primo giorno con riso e carne di cammello, il secondo con grano e orzo, il terzo con datteri; per il resto della permanenza avrebbero dovuto provvedersi per proprio conto. Successivamente cominciarono a costruire. Era tutta gente che non portava il rosario sospeso al collo, non suonava tamburi o altri strumenti musicali nelle riunioni, non danzava, non fumava, non cantava, non beveva caffé. Questo imponeva la regola, che proibiva, inoltre, vestiti di lusso, meno che per le donne, le quali, acconciandosi e abbellendosi, favoriscono la propagazione della specie, per l’accrescimento delle forze dell’Islam.


Nacque così Giarabub.”


Esordisce con queste parole Salvatore Castagna, subito dopo la premessa, nel suo “La difesa di Giarabub” (Edito da Longanesi nel 1950), descrivendo il luogo che lo vide protagonista indiscusso, assieme ai suoi soldati che avevano la massima stima e rispetto per il loro comandante, Libici compresi, di una pagina volutamente dimenticata, ma ugualmente epica delle vicende belliche dell’ultimo conflitto mondiale.



Giarabub ripresa dall’aereo (Fonte: Wikipedia)

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Il libro ripercorre, in una sorta di diario degli eventi succedutesi, ma in forma di racconto, gli undici mesi di permanenza dell’autore nell’oasi di Giarabub e in particolare descrive i continui attacchi alleati e le contromisure italiane nei nove mesi di guerra, dal 10 giugno 1940 al 21 marzo 1941, durante i quali, unico baluardo che resse al primo contrattacco inglese che respinse gli Italiani perfino fuori dalla Cirenaica, Giarabub rappresentò una autentica spina nel fianco dell’avanzata dell’armata inglese al comando del generale Wavell.


Castagna, con dovizia di particolari, racconta come predispose tatticamente la difesa dell’oasi, piazzando posti di osservazione e capisaldi tutt’attorno, distribuendo le poche mitragliatrici (peraltro tutte Swarzlose austriache, preda bellica del conflitto precedente) e le ancora meno numerose armi pesanti (mitragliere e cannoni) e costituendo diversi piccoli magazzini per le munizioni e il carburante. Per contrastare eventuali sfondamenti delle truppe nemiche, organizzò plotoni di rincalzo, pronti a dare man forte ai soldati di prima linea in difficoltà. Ma l’accorgimento più valido fu montare sui pochi automezzi a disposizione alcuni cannoni e mitragliatrici, così da creare colonne celeri motorizzate e armate, per far fronte ad eventuali attacchi da parte di autoblindo o mezzi corazzati. Al punto da contrastare con efficacia le pattuglie dell’assai spesso decantato Long Range Desert Group inglese, impiegato per rapide azioni contro le linee italiane.


In un susseguirsi di attacchi e contrattacchi, inframmezzati sempre più raramente dall’atterraggio degli aeroplani sulla limitrofa pista recanti i rifornimenti e la posta, unico legame con la madrepatria, Castagna racconta le gesta dei soldati alle sue dipendenze citandone spesso i nomi. Riportando il sacrificio di taluni o l’eroismo degli altri. Riservando altresì parole di ammirazione per i soldati libici che si batterono con onore fino alla fine, dimostrando l’attaccamento all’Italia, con buona pace delle asserzioni del colonnello Gheddafi.


La caparbia resistenza italiana, nonostante la sempre maggiore scarsità di rifornimenti, il continuo martellamento dell’artiglieria e dell’aviazione inglesi e i pressanti attacchi della fanteria del suo Commonwealth, spesso appoggiati da autoblindo e carri armati, costò parecchio sacrificio, ad ambo gli schieramenti. Nell’ultimo attacco, quello decisivo del 21 marzo 1941, da parte italiana si ebbero nove ufficiali, cinque sottufficiali e circa cento militari di truppa caduti, mentre i feriti furono non meno di trecentocinquanta.


Castagna conclude il suo libro, dedicando proprio ai Caduti queste parole:


«Ed ora che ho raccontato le vostre gesta, il mio pensiero corre a voi, gloriosi caduti di Giarabub, e ai feriti e a tutti i difensori dell’oasi.


Il vostro sacrificio non è stato vano. Avete combattuto con fede ed onore, per la patria.


Mie cari compagni d’arme, prima di chiudere questo breve diario, riuniamoci ancora presso l’osservatorio del caposaldo numero uno. Guardiamo a nord, ricordiamo la strenua resistenza dei presidi di Sceferzen, Maddalena, Uescechet el Heira, garn ul Grein. Torniamo indietro, e guardiamo Garet el Barud, che tanti episodi di valore ci ricorda. Poi, volgendo lo sguardo a giro d’orizzonte, sostiamo su Melfa, Garet el Cuscia, Barra Arrascia, el Aamra, Garet el Nuss, Fredga, Gara del Diavolo, Bu Salama, Bir Tarfui, Saniet ed Deffa che ci ricordano dieci mesi di continua lotta.


Seguiamo ora la linea di difesa interna, e guardiamo le postazioni dei vari capisaldi, ove frequenti furono i forti concentramenti di artiglieria nemica. Infine soffermiamoci nel caposaldo numero uno e rievochiamo la gloria e il valore dei nostri cari fratelli, che in quell’estrema lotta contesero per più giorni, a palmo a palmo, il terreno al nemico.


Quel caposaldo è il “cimitero degli eroi di Giarabub”; un cimitero senza croci e senza quel tricolore che sventolò per oltre dieci mesi sull’oasi. Ma noi ora lo vediamo come prima.»






Possiedo una edizione “Pocket” del volume originale edito da Longanesi nel 1950. Assieme ad altri volumi di vario genere, apparteneva a mio padre. Da lui ho “ereditato” l’amore per la lettura, l’attenzione per la cultura, la consuetudine ad informarmi e a non prendere per “oro colato” quel che i “media” raccontano, ma a ricercare sempre un’altra verità, quella nascosta.


Questo mio articolo, vuole essere anche un piccolo omaggio alla sua memoria.



2 commenti:

  1. Grazie,
    dove si può acquistare questo libro?

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  2. Purtroppo questo libro non è più in commercio da molto tempo, forse lo si può trovare in qualche bancarella di libri usati.

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