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letteraria.

giovedì 24 febbraio 2011

Il Suono Sacro di Arjian - L'Armonia secondo Daniela Lojarro

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Confesso di rimanere sempre perplesso di fronte a tomi di narrativa con numerose pagine; mi pervade l’afflizione di intraprendere una lettura lenta e faticosa di un testo prolisso e ridondante che alla fine, sfiancandomi, mi induca ad abbandonare il libro.

È stata la prima impressione prendendo tra le mani “Il Suono Sacro di Arjiam”, composto da ben 698 pagine.

Temevo anche, essendo l’Autrice una donna, di imbattermi in una forma letteraria prodiga di descrizioni dei personaggi, dei sentimenti e dei luoghi, che entrasse in conflitto (non mi giudicate un misogino, è solo un confronto di stilemi) col mio ideale letterario, conciso ed essenziale, tipico maschile.

Sono invece lieto di essere stato smentito su tutto il fronte e di aver letto davvero un bel romanzo, che giudicherei, e non a caso, con un solo aggettivo: armonioso.




Ogni pagina che ho scorso, ha destato il mio interesse, riconoscendola funzionale alla trama del racconto e, pur non essendo un “fan” del genere Fantasy, la caratterizzazione storica del romanzo, aderente alla realtà tardo-medievale europea e del bacino del Mediterraneo, mi ha piacevolmente colpito.

Scritto con una mirabile proprietà di linguaggio e pressoché esente da refusi di stampa, “Il Suono Sacro di Arjiam” è un romanzo che merita di essere letto perché affascina e pur essendo basato sulla mera fantasia, ha dei contenuti che inducono a riflessioni serie sul mondo reale in cui viviamo.

L’eterna lotta tra il bene e il male è il filo conduttore del racconto, ma la sete di potere, amplificata a tal punto da sacrificare a essa amori, affetti, amicizie e umanità, sapientemente descritta dall’Autrice, non è molto diversa da quella bramosia che induce certi personaggi reali e attuali a calpestare ogni essere e ogni cosa che si frappone al loro disegno, pur di raggiungere il potere.

Come pure i dubbi, le incertezze che attanagliano chi è predestinato a lottare contro il male, riflettono l’essenza di coloro che oggi nel mondo reale, cercano di contrastare i guasti, i soprusi, le sperequazioni, nella speranza di trovare quell’armonia sulla Terra, che viene spesso evocata nel romanzo.

Onore, lealtà e sacrificio sono invece temi che oggi lasciano indifferente un’umanità impregnata di individualismo e votata al solo consumismo, che ragiona con la “pancia”, delegando ad altri o addirittura affidando a elettrodomestici come il televisore, il pensiero e il conseguente libero arbitrio. Nel romanzo, l’Autrice ci ripropone questi valori come indispensabili al compimento del bene.

Non mi dilungo oltre nella sintesi del romanzo, poiché preferisco lasciare ai lettori ogni piacere da cogliere in un’opera davvero meritevole.

Aggiungo solo che in fondo al testo, l’Autrice ha inserito una sorta di glossario dei personaggi, dei luoghi e delle parole chiave presenti nel racconto, molto utile da consultare durante la lettura.

Voglio invece marcare la costante presenza nel racconto del canto.
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.Autrice: DANIELA LOJARRO
ISBN: 978-88-6205-210-8
Pag.: 698
Prezzo: € 25,00
Edito da: EdiGiò - Vidigulfo (PV)
Prima edizione: 2009
Genere: romanzo Fantasy


Litanie, ninnananne, salmi, cantici, inni… il genere umano si esprime anche con il canto fin dai tempi ancestrali. Spesso ci accompagna durante il nostro vivere quotidiano, nei momenti di svago come in occasioni solenni, evocando gioia o esprimendo dolore.


Daniela Lojarro, nata a Torino ma residente in Svizzera, l’Autrice de “Il Suono Sacro di Arjiam” è una cantante lirica; ha interpretato Lucia nella “Lucia di Lammermoor” di Gaetano Donizetti, Violetta ne “La Traviata” di Giuseppe Verdi o Nedda ne “I Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo, solo per citarne alcuni, esibendosi sui maggiori palcoscenici italiani e stranieri: Napoli, Parma, Trieste, Bari, Londra, Zurigo, Praga, Lucerna, Basilea, Modena, Montecarlo, Torino, Pretoria, Palm Beach, Liegi e Dublino come pure al Rossini Opera Festival di Pesaro e al Festival di Martina Franca.
È anche terapista in Audio-Psico-Fonologia secondo il metodo Tomatis, una terapia di riabilitazione della voce e dell'ascolto.



 
Intervista all'Autrice
 


M.Z.: Non si può quindi negare che il canto e il suono in genere abbiano un ruolo importante nella Sua vita?

D.L.: Il suono ha da sempre e senza alcun dubbio un ruolo centrale nella mia vita accompagnando la mia evoluzione personale. Infatti, all’inizio il suono, in quanto Musica, era un piacere fonte di emozioni. Poi, è divenuto il fulcro del mio studio e del mio lavoro, grazie ai quali ne ho approfondito gli aspetti tecnici in relazione alla voce umana. Infine, accostandomi all’Audio-Psico-Fonologia, ne ho scoperto le possibilità terapeutiche. Nel mio romanzo compaiono tutti questi aspetti legati al mondo del suono insieme ai riferimenti a quei riti e a quelle tradizioni religiose, a quelle speculazioni cosmogoniche che indicano nel suono il sostrato di tutti i fenomeni dell’universo. L’elemento vibratorio acustico, quindi, rappresenta anche a livello strettamente personale, la risposta metafisica alla domanda sull’Origine della vita.

M.Z.: Come mi ha appena confermato, nel Suo romanzo, in simbiosi con la sua visione personale, la trascendenza è rappresentata dalla Vibrazione del Suono Sacro, un’entità astratta quindi, ma dalla genesi materiale, più che spirituale. La presenza dei Magh lascia poi supporre che nel Regno di Arjiam le speranze siano riposte nelle azioni di questi, mi passi il termine, stregoni, più che nell’intercessione divina. Mi permetta una domanda molto personale: Lei crede in Dio? O meglio: qual è il Suo rapporto con la divinità?

D.L.: Nel romanzo, come nei miti cui ho attinto, la vibrazione o suono primordiale risuonando crea il mondo intero. Questo significa che nel corso del processo creativo si ha una materializzazione dei raggi del suono primordiale in suoni che acquistano un significato preciso e rappresentano, in seguito, parole e frasi di contenuto chiaro e distinto e, infine, nel corso del loro concretamento, cose tangibili. Il suono anima tutte le cose, è la sostanza originaria di tutte le cose, anche là dove l’uomo comune non è più in grado di percepirlo. I Magh dell’Ordine dell’Uroburo sono persone che cercano, attraverso la Conoscenza, di arrivare a percepire questa vibrazione. Non sono una casta di sacerdoti bensì di iniziati, alla quale si può accedere per scelta personale. Direi che le speranze in Arjiam sono poste più sulla capacità di dare un significato alle scelte che si compiono e di saperle indirizzare verso una meta (in questo caso la Conoscenza del Suono Sacro) piuttosto che affidate a un intervento divino dall’alto tipo deus ex-machina, almeno questa è la mia intenzione. Ovviamente, trattandosi di un romanzo per di più Fantasy non è un aspetto sviluppato e approfondito come se si trattasse di un saggio. Da quanto ho detto anche prima, si può dedurre che io credo in un’entità metafisica ma certamente non in un dio fatto a immagine e somiglianza dell’uomo. Sul mio rapporto con la divinità Le rispondo con la celebre frase di Albert Einstein: «Esiste l’Oscurità? No, l’Oscurità non esiste, è solo assenza di Luce. La Luce si può studiare, l’Oscurità no. Il Male è il risultato di ciò che accade quando l’uomo non ha l’Amore nel suo cuore». Già nelle Gâthâ, antichissimi testi zoroastriani, si dice qualcosa di simile: l’anima umana è il canale tramite cui il raggio divino passa per illuminare il mondo; Dio, però, regna sulla Terra solo nella misura in cui l’uomo sceglie con un atto libero della sua volontà di trasformare il Male in Bene, di trasfigurare le Tenebre in Luce.

M.Z.: Il Suo romanzo è ambientato in un regno di fantasia, dal carattere tardo-medievale, nel quale il Suono Sacro è l’entità che ha dato origine a ogni cosa. Pur essendo di genere Fantasy, ha raccontato un mondo che ho trovato molto aderente a ciò che è stata la realtà storica europea, caratterizzata da intrighi, da lotte fratricide, da rivolte o da invasioni barbariche, al punto da renderlo quasi un romanzo di genere storico, se non fosse per gli interventi dei “Magh” con la loro magica “Armonia”, dunque… “nulla e solo ciò che sembra”?

D.L.: Come Lei giustamente ha intuito, la storia di Arjiam è una trasposizione fantastica di situazioni storiche che hanno caratterizzato il nostro mondo nel corso dei secoli. Il tipo di società ricalca quella del periodo aureo della repubblica di Venezia o delle Signorie italiane con la suddivisione in categorie artigianali, mercantili e di Famiglie nobili che si contendono, più o meno apertamente, il predominio politico. I nomi dei personaggi hanno radici persiane, mesopotamiche, talvolta etrusche; l’architettura si riferisce a modelli reali come Castel del Monte (Puglia), la Sagra di San Michele (Piemonte), il chiostro di Monreale e la villa di Piazza Armerina (Sicilia), le dimore di Pompei, la biblioteca di Fonte Avellana e la Galleria del Furlo (Marche), i Massi di Matera, le chiese o città rupestri della Cappadocia. I colori, le descrizioni dei paesaggi e lo stile di vita sono di tipo mediterraneo e medio-orientale. Ho scelto il Fantasy, anche se in una prospettiva decisamente particolare, perché mi permetteva di concentrarmi sui temi che desideravo maggiormente sviluppare: le relazioni umane, l’evoluzione e la crescita dei personaggi confrontati con situazioni comunque reali e possibili o alle prese con le domande che ognuno di noi affronta nel corso della vita sul valore dell’amore, dell’amicizia, della lealtà o posti di fronte a problemi fondamentali quali il rapporto tra etica e scienza, qui appunto simboleggiata dall’enorme potere della magia.

M.Z.: Nel romanzo mi ha appunto colpito il richiamo al numero otto, che caratterizza l’architettura del federiciano Castel del Monte, da Lei appena citato. Quel castello non ha una funzione precisa, né di difesa, né di rappresentanza imperiale ma pare voglia riprodurre la quintessenza stessa di Federico II di Svevia. Quanto ha inciso il simbolismo, l’occulto, il metafisico nell’estensione del Suo romanzo?

D.L.: I simboli di quella che dagli specialisti è detta «Tradizione sacra» hanno inciso profondamente sulla stesura del romanzo. Sono un’appassionata di archeologia e di architettura romanica a proposito della quale uno dei saggi più interessanti che abbia mai letto è quello di Marius Schneider intitolato «Le pietre che cantano», dedicato ai simboli scolpiti nei capitelli di alcuni chiostri catalani. Ho così deciso di affidare l’elemento fantastico a dei simboli che possono essere interpretati in diversi modi. Per esempio, il drago che affronta l’eroina in una delle sue prove, potrebbe sembrare il mostro che siamo abituati a incontrare in ogni saga Fantasy; alla fine della scena, però, si scopre che la lotta di Fahryon è stata con se stessa, con le forze istintive che ognuno di noi possiede.

M.Z.: Nell’eterna lotta tra il bene e il male, l’armonia, il canto, svolgono un ruolo decisivo nel suo romanzo; quale parte possono avere nella realtà di un mondo in bilico sul baratro dell’autodistruzione?

D.L.: Nel mio romanzo, non intendo l’Armonia solo in riferimento al mondo sonoro ma soprattutto come ricerca di equilibrio fra sentimento, pensiero e azione. È questo equilibrio interiore che permette di sapersi ascoltare, di ascoltare e quindi comprendersi, di andare verso l’Altro, il diverso da sé e di entrare in rapporto con lui perciò di armonizzarsi con lui. Questo è il ruolo che potrebbe avere l’Armonia nel mondo di oggi dove non si ascolta, non si compie lo sforzo di capire l’Altro, anzi, molto spesso si urla per coprirne la voce tentando di affermare la propria opinione a ogni costo o non gli si concede la visibilità mediatica perché tutto ciò che non passa in televisione o non compare sui giornali sembra non esistere.

M.Z.: Il “bel canto”, ossia la lirica, è un’espressione artistica peculiare del nostro panorama culturale, eppure in Italia è poco valorizzata. Forse perché legata a un preciso momento storico, il Risorgimento, durante il quale scrivere sui muri “VIVA VERDI” non significava solamente apprezzare il grande Maestro, ma inneggiare a “Vittorio Emanuele Re D’Italia”, e suo tramite ambire a un’unità nazionale che ora sembra non interessare più nessuno. La lirica appartiene davvero al passato?

D.L.: Questa è una domanda complessa che ha bisogno di alcune premesse. Esistono in tutta Italia enti teatrali o fondazioni che, finanziati in parte dallo Stato, continuano a mettere in scena il Melodramma italiano e l’opera lirica in genere: non si può dire che l’opera sia negletta. Piuttosto, si può dire che il pubblico che frequenta i teatri, come i musei, oppure che legge giornali o libri, non sia numeroso come quello che assiste ai concerti pop o che frequenta gli stadi. Questo, però, è un problema di formazione culturale di base, questo sì particolarmente italiano purtroppo, che dovrebbe iniziare già in famiglia, proseguire nella scuola e venire supportata dai canali di informazione. Mantenere basso il livello culturale significa non fornire alle persone i mezzi per sviluppare al meglio le proprie capacità, per pensare autonomamente e quindi compiere delle scelte senza lasciarsi influenzare. In quanto alle famose scritte sui muri di Milano o di Venezia (curiosamente i capoluoghi delle regioni che al giorno d’oggi più contestano l’unificazione) sono state esagerate nella loro valenza storica in un’ottica romantica post unificazione. Fatte queste precisazioni, non credo che l’opera lirica e l’unificazione appartengano a un passato da seppellire. La prima perché appartiene, appunto, a quel patrimonio culturale dell’umanità negando il quale si perderebbero i fondamenti dell’essere umano in quanto tale – ricordo che, secondo i più recenti ritrovamenti archeologici, l’uomo ha costruito 37.000 anni fa il suo primo flauto dunque ben prima dell’acciarino che risale a 32.000 anni fa. La musica e l’apparizione dell’arte in generale rappresentano per gli odierni studiosi ancora una domanda senza risposta perché in apparenza al di fuori della necessità dell’evoluzione; però, sono qui a dimostrare che l’Uomo non è solo un congegno che si è adattato alla vita su questo pianeta in puri termini biologici. Per quanto riguarda l’unificazione, il discorso non concerne solo l‘Italia ed io non legherei la risposta alla sola unificazione italiana: infatti, spinte regionalistiche o centrifughe ci sono state in diversi momenti della storia e non solo a livello europeo. La sfida del mondo d’oggi, quasi soffocato dalla globalizzazione, è di riuscire a cogliere queste particolarità accogliendole e permettendo loro di svilupparsi all’interno di un organismo sovranazionale senza dubbio più adatto al momento storico che stiamo vivendo.

M.Z.: “Il Suono Sacro di Arjiam” è stato il suo romanzo di esordio. Continuando questa sua nuova carriera artistica, affiancata a quella lirica, resterà sul Fantasy o ha in progetto di scrivere romanzi di altro genere?

D.L.: Ho in cantiere un progetto ancora legato al Fantasy, anche se, secondo i pareri di diverse persone, dovrei liberare la sua vera anima storica. Non lo so… forse potrebbe anche succedere!


Nel ringraziare Daniela Lojarro per la Sua disponibilità a rispondere alle domande e nel complimentarmi con Lei per il Suo romanzo, Le auguro di mietere successi sia come scrittrice, sia come cantante lirica.




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