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letteraria.

lunedì 28 ottobre 2013

Sintomatologia pompeiana


Se immagino la vita degli abitanti di Pompei – ma anche di Ercolano e Stabia – immediatamente prima dell'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., vedo una popolazione impegnata ad assolvere le incombenze giornaliere, i meno abbienti alla conquista del pane quotidiano, i più agiati a gozzovigliare godendo della propria posizione economica, tutti comunque ignari di quanto l'ingombrante e vulcanico vicino stesse loro riservando.



Sin dal 62 d.C., diversi eventi sismici avvertiti nella zona, rappresentavano i sintomi di ciò che sarebbe poi successo, ma forse per poca conoscenza della materia o nell'illusoria certezza che gli dei li avrebbero protetti, i Pompeiani continuavano imperterriti nella loro normale attività.

A tutti è noto quel che poi accadde.

I calchi delle vittime di quell'eruzione, ci danno l'idea della tragedia occorsa: i Pompeiani non ebbero scampo, uccisi dai gas venefici rilasciati dall'eruzione, prima di essere sepolti da cenere e lapilli.



Con una buona dose di licenza letteraria, storica e soprattutto medica, definirei “sintomatologia pompeiana” quel che oggi noi avvertiamo.

Una crisi economica senza precedenti lascia senza lavoro sempre più persone, un debito pubblico che genera interessi esorbitanti, consuma ogni possibile ripresa, una decadenza delle istituzioni politiche, ben lontane dagli autentici bisogni delle popolazione, mina le fondamenta della nostra democrazia, per non parlare poi dei disastri ambientali che, con l'incuria umana e gli eventi atmosferici sempre più disastrosi a causa del cambiamenti climatici, provocano sempre più vittime.

Potrei continuare ed elencare altri “sintomi”, tutti più o meno forieri di una catastrofe prossima e imminente.

Eppure, ciononostante, gran parte della popolazione sembra non essere affatto preoccupata e continua una normale vita quotidiana, mentre chi “mastica” politica, si interessa più di questioni marginali – che spesso generano solo contrasti e polemiche – e di temi superati, triti e consunti, anziché procedere ad una accurata anamnesi dei sintomi, per indirizzarsi verso una corretta diagnosi e trovare quindi una reale cura.

Forse mi aspetto troppo da una popolazione da tempo addomesticata da programmi televisivi soporiferi del pensiero e dalla stampa fonte di opinioni spacciate per notizie.

Forse la rete è invasa da “fake” di ogni genere e i fruitori non hanno ancora maturato la capacità di distinguere una stringa di verità tra le gigamistificazioni.

Forse chi fa politica ha più interesse a mantenere uno stato di caos generale, piuttosto che trovare il bandolo della matassa.

Forse sono io ad essere un “catastrofista e complottista” impenitente.

Forse.

Intanto il vulcano erutta.

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