Se immagino la vita degli abitanti di Pompei – ma anche
di Ercolano e Stabia – immediatamente prima dell'eruzione del Vesuvio nel 79
d.C., vedo una popolazione impegnata ad assolvere le incombenze giornaliere,
i meno abbienti alla conquista del pane quotidiano, i più agiati a
gozzovigliare godendo della propria posizione economica, tutti comunque ignari
di quanto l'ingombrante e vulcanico vicino stesse loro riservando.
Sin dal 62 d.C., diversi eventi sismici avvertiti nella
zona, rappresentavano i sintomi di ciò che sarebbe poi successo, ma forse per
poca conoscenza della materia o nell'illusoria certezza che gli dei li
avrebbero protetti, i Pompeiani continuavano imperterriti nella loro normale
attività.
A tutti è noto quel che poi accadde.
I calchi delle vittime di quell'eruzione, ci danno
l'idea della tragedia occorsa: i Pompeiani non ebbero scampo, uccisi dai gas
venefici rilasciati dall'eruzione, prima di essere sepolti da cenere e lapilli.
Con una buona dose di licenza letteraria, storica e
soprattutto medica, definirei “sintomatologia pompeiana” quel che oggi noi
avvertiamo.
Una crisi economica senza precedenti lascia senza lavoro sempre più persone, un
debito pubblico che genera interessi esorbitanti, consuma ogni possibile
ripresa, una decadenza delle istituzioni politiche, ben lontane dagli autentici
bisogni delle popolazione, mina le fondamenta della nostra democrazia, per non
parlare poi dei disastri ambientali che, con l'incuria umana e gli eventi atmosferici
sempre più disastrosi a causa del cambiamenti climatici, provocano sempre più
vittime.
Potrei continuare ed elencare altri “sintomi”, tutti
più o meno forieri di una catastrofe prossima e imminente.
Eppure, ciononostante, gran parte della popolazione
sembra non essere affatto preoccupata e continua una normale vita quotidiana,
mentre chi “mastica” politica, si interessa più di questioni marginali – che
spesso generano solo contrasti e polemiche – e di temi superati, triti e
consunti, anziché procedere ad una accurata anamnesi dei sintomi, per
indirizzarsi verso una corretta diagnosi e trovare quindi una reale cura.
Forse mi aspetto troppo da una popolazione da tempo
addomesticata da programmi televisivi soporiferi del pensiero e dalla stampa
fonte di opinioni spacciate per notizie.
Forse la rete è invasa da “fake” di ogni genere e i
fruitori non hanno ancora maturato la capacità di distinguere una stringa di
verità tra le gigamistificazioni.
Forse chi fa politica ha più interesse a mantenere uno
stato di caos generale, piuttosto che trovare il bandolo della matassa.
Forse sono io ad essere un “catastrofista e
complottista” impenitente.
Forse.
Intanto il vulcano erutta.
Nessun commento:
Posta un commento