No,
non si tratta di un refuso nel titolo.
Voglio proprio affermare che
gli orrori del passato sono oggi reiterati e lo saranno sempre, a meno che l’umanità
finalmente capisca che è possibile risolvere le questioni pacificamente,
attraverso il dialogo, elemento essenziale che ci contraddistingue rispetto
alle altre specie viventi.
È di
questi giorni l’ennesima recrudescenza del conflitto israelo-palestinese, con
spargimento di sangue dell’una e dell’altra parte. Sangue spesso di vittime
innocenti, civili, donne, anziani e specialmente bambini.
In
particolare mi riferisco al “Al-Ahli Arabi Baptist Hospital” di Gaza, l’ospedale
colpito da un non ancora ben identificato razzo o missile. Le parti in
conflitto si scambiano l’accusa di aver distrutto l’ospedale e di aver causato tra
le duecento e le cinquecento vittime.
Non
entro nel merito delle responsabilità, non essendo sul posto, non avendo
strumenti per giudicare e non fidandomi di certo delle ricostruzioni che riporta - a senso unico - la stampa nostrana.
Sottolineo
solo l’orrore: un ospedale dovrebbe essere un luogo sicuro, dovrebbe essere
intangibile. Anche le scuole dovrebbero esserlo, ma non sempre è così e non
sempre lo è stato.
A tal
proposito c’è un episodio, ignorato da molti, che ci riguarda e del quale, in
questi giorni, ricorre il settantanovesimo anniversario.
Pur
con una guerra in corso, a Milano la vita cercava di continuare con una certa
normalità, nonostante le numerose incursioni aeree degli anglo-americani. Le
persone andavano al lavoro, le donne si recavano al mercato per acquistare i
sempre più rari beni di prima necessità e i bambini frequentavano la scuola.
La
mattina del 20 ottobre 1944, anche a Gorla, un quartiere di Milano posto ai
margini nord - nord-est della città, fino al 1923 comune autonomo, la vita sembrava
scorrere con normalità. Gorla confina con la città di Sesto San Giovanni nel
cui territorio erano situate fabbriche come la Breda, strategiche per la guerra
in corso. Questi siti produttivi erano obiettivo dei bombardieri anglo-americani
che le colpivano allo scopo di fiaccare ulteriormente la già limitata capacità
produttiva della Repubblica Sociale Italiana, alleata dei Tedeschi contro gli
alleati.
Quella
mattina il comando alleato aveva stabilito di colpire, nell’area di Milano, le
fabbriche dell’Alfa Romeo, Isotta Fraschini e Breda. L’obiettivo “Breda” fu
affidato ai 36 bombardieri “Consolidated B 24 Liberator” del 451° Bomb Group
dell’USAAF (United States of America Air Force). Il “B 24” era un bombardiere
pesante quadrimotore con capacità di carico fino a 3.600 kg di bombe ciascuno.
I
bombardieri partirono alle 7:58 dall’aeroporto di Castelluccio dei Sauri, in
Puglia. In una vasta area della provincia di Foggia (città peraltro rasa al suolo dagli anglo-americani tra maggio e settembre 1943) furono approntati
campi volo per le incursioni dei bombardieri alleati sul sud Europa. Avrebbero
dovuto appunto colpire gli stabilimenti della Breda di Sesto San Giovanni, ma per
una serie di errori della squadriglia da bombardamento, la fabbrica non poté
essere colpita. Le bombe erano però state innescate e non potevano essere
riportate indietro, senza mettere a rischio gli equipaggi dei bombardieri. Il comandante
della squadriglia, James B. Knapp, anziché ordinare di sganciare le bombe su un
obiettivo alternativo o in aperta campagna o in mare, decise di disfarsene immediatamente.
Alle
11:29 gli abitati di Gorla e Precotto (quartiere limitrofo a Gorla) furono
investiti da 80 tonnellate di esplosivo.
Una
sola bomba da 220 kg colpì il vano scala della scuola elementare “Francesco Crispi” di Gorla, proprio mentre i bambini e il personale scolastico stavano
scendendo le scale verso il rifugio antiaereo. Morirono 184 bambini, 14
insegnanti, la direttrice scolastica e 4 bidelli. Quel giorno a Milano ci
furono 614 vittime.
Naturalmente
nessuno ha mai pagato per questa strage. Oggi sarebbe classificata come “danno
collaterale”, dovuto ad un errore.
In
realtà si trattò di un orrore.
Orrore
che si perpetua in continuazione, senza che da questi orrori l’umanità tragga
insegnamenti, preferendo ancora la violenza al dialogo, ma anche sfoggiando
ipocrisia lamentando solo alcune delle vittime, ignorandone altre.
Altre,
come le piccole vittime di Gorla.
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