Segnalo questo bel romanzo giallo nel quale la vicenda criminosa si interseca e viene condizionata dal particolarissimo momento storico nel quale è ambientata.
Siamo infatti nei giorni intorno al 25 luglio 1943 e nella
“sonnolenta” provincia bergamasca viene trovato assassinato un esponente di
spicco del locale partito fascista. Già duramente provata dalla guerra in
corso, su questa piccola comunità piombano le straordinarie notizie provenienti
da Roma sulle sorti del fascismo e del suo Duce.
In questo clima, rovente per la stagione e per gli eventi che si
dipanano così fatali, si muovono le indagini del Commissario La Mantia.
Con tenacia il Commissario si muove su diversi piani e
progressivamente, intersecando vicende politiche, esplosioni passionali,
ricerca di vendetta e brama di denaro giunge alla verità o forse a quella che
sembra la verità. Qualcuno lo avverte: “Sappiate che spesso la verità non è
quella che vogliono farci credere”. Così avvertito il Commissario non si
ferma alle apparenze e giunge al sorprendente finale.
L'autore inserisce una bella vicenda gialla, che vira, a mio
avviso, e questo mi piace, in taluni momenti leggermente verso il noir, in un
passaggio storico dell'Italia tra i più drammatici e significativi della sua
intera vicenda post unitaria.
Vengono così a galla pregi e difetti dei nostri costumi, tra
opportunismi, vero idealismo, spiccato senso del dovere e tentativi di cadere
sempre in piedi.
Da quest'opera trapela l'amore dell'autore per il giallo e
insieme la sua eccellente competenza storica che gli consente di creare uno
sfondo e dei personaggi che difficilmente si dimenticano.
Un libro veramente da consigliare.
Roma, 3 febbraio 2023
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